Sant’Efisio


Il silenzio, prima di tutto. Un silenzio irreale, che ti colpisce appena varchi la porta della piccola chiesa barocca, quasi nascosta in una corte del quartiere di Stampace. È lì che riposano, custodite dalle pie donne della parrocchia e dai guardiani dell’Arciconfraternita del Gonfalone, le sacre reliquie del martire guerriero venerato in tutta la Sardegna. Efis, lo chiamano qui, come fosse uno di casa. Militare agli ordini dell’imperatore Diocleziano, torturato e messo a morte sul patibolo nel 303 per essersi convertito a quel cristianesimo che avrebbe dovuto reprimere. Così, il soldato dai lineamenti orientali (era nato ad Antiochia) diventa su martiri gloriosu e in tutta l’isola si diffonde la devozione a quel piccolo santo con la corazza, i baffetti e il viso da bambino. Dal 1656 – anno della grande peste per la quale i sardi chiesero al santo la grazia – il culto ha assunto i caratteri di un’autentica venerazione e a Efisio viene dedicata ogni primo maggio la più grande festa religiosa e pagana di tutto il Mediterraneo, con migliaia di fedeli in costume che sfilano per le vie Stampace. Ma è qui, in questa chiesetta dalle volte di pietra e dai muri candidi come lo zucchero, che il santo vive e riposa per tutto il resto dell’anno. Qui riposano le sue reliquie, nella cripta a sette metri sotto il livello della strada, e le statue che incarnano diverse visioni del martire più amato dai sardi. Quella di gusto rococò, col santo immortalato in una posa quasi femminea. Quella secentesca, la più sfarzosa, che ogni anno rivestita con pizzi, merletti, gioielli e l’immancabile corazza da centurione viene portata in processione. E infine, sull’altare centrale, la statua più povera, ma anche più antica: un omino dall’aria smunta, con la tunica, i sandali alla greca e due baffetti posticci, aggiunti in un secondo momento. Ha la croce sul palmo della mano sinistra, anziché sulla destra. Qui lo chiamano affettuosamente Sant’Efis Sballiau, il santo sbagliato. Uno di noi.
La mostra “La città parlante” è stata curata da Sergio Benoni e Paolo Bazzani per l’associazione culturale Tyche. I testi e le foto della mostra sono tratti dal volume “111 luoghi di Cagliari che devi proprio scoprire” pubblicato da Emons editore, con le foto di Daniela Zedda e i testi di Sergio Benoni. La voce della città è di Carla Fiorentino.


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