Torre dell’Elefante


C’è l’idea della forza, ma anche una certa grazia nell’elefantino bianco che dà il nome alla più nota delle torri che i pisani vollero erigere a guardia della città. E c’è anche un certo profumo di Africa, di conquista di terre lontane. Certamente la città di Cagliari era per la repubblica marinara di Pisa un remoto avamposto nel Mediterraneo. Un presidio strategico, difficile però da difendere. Soprattutto dopo che la corona di Aragona aveva fatto capire quali fossero le sue mire sulla Sardegna. Così i consoli pisani De Vecchi e Cinquini incaricarono un giovane e talentuoso architetto – Giovanni Capula, cagliaritano di nascita e toscano di formazione – di rafforzare le difese della città con un sistema di mura e ingressi fortificati nei punti nevralgici del Castello. Se due anni prima la torre di San Pancrazio era stata eretta a protezione del versante sud, quella dell’Elefante – i cui lavori iniziarono nel 1306 – doveva presidiare il lato più vulnerabile, quello esposto a ovest, proprio davanti al porto. Forse per questo Capula pensò di esporre qui come effige – brand si direbbe oggi – uno dei simboli della potenza di Pisa, quel pachiderma legato al mito di Annibale il conquistatore, destinato a diventare nei secoli una sorta di marchio della città. Ce lo immaginiamo, chino sui disegni, questo architector optimus di cui poco si sa, se non questa essenziale definizione scolpita sulle iscrizioni lasciate a futura memoria sulla torre di San Pancrazio. Eppure l’opera di Giovanni Capula – completata con la terza torre, quella dell’Aquila o del Leone, poi incorporata nel Palazzo Boyl – resta tutt’oggi uno dei segni più forti e incisivi dello stile architettonico della città. Con i suoi oltre 30 metri di altezza (42 sul lato del Cammino Nuovo, come un palazzo di 14 piani), la struttura quasi minimalista in blocchi di pietra forte e il lato interno completamente aperto, la torre e il suo elefantino bianco hanno protetto Cagliari per secoli e continueranno a farlo chissà per quanto.
La mostra “La città parlante” è stata curata da Sergio Benoni e Paolo Bazzani per l’associazione culturale Tyche. I testi e le foto della mostra sono tratti dal volume “111 luoghi di Cagliari che devi proprio scoprire” pubblicato da Emons editore, con le foto di Daniela Zedda e i testi di Sergio Benoni. La voce della città è di Carla Fiorentino.


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