Tuvixeddu

Vita e morte si danno il cambio da millenni a Tuvixeddu. Tra le tombe fenicio-puniche, scavate nel calcare bianco del colle che guarda la laguna di Santa Gilla, si alternano da sempre storie di gloria e miseria, di eroi e perdenti, di sopravvivenza e defunti da onorare. Nei pozzi e nelle camere finemente affrescate che a partire dal VI secolo a.C. custodivano le spoglie di ricchi mercanti e ufficiali cartaginesi hanno trovato rifugio nell’ultimo dopoguerra famiglie di disperati rimasti senza casa per i bombardamenti, e la necropoli (era già successo tante volte in passato) è tornata a essere per decenni una città dei vivi. Oggi Tuvixeddu – il colle dei piccoli fori, dal sardo tuvu che significa “cavità” – è un parco archeologico attrezzato e tutelato, la più grande necropoli fenicio-punica del bacino del Mediterraneo, con centinaia di tombe rettangolari scavate su una superficie di oltre 80 ettari, che dalle rive dello stagno si estende all’interno della città, attraverso il quartiere di Sant’Avendrace e più su in alto verso via Is Maglias e la zona residenziale di viale Merello. È possibile aggirarsi tra i pozzi scavati nella roccia percorrendo sentieri ben curati che si inoltrano tra le tombe e ampie aree verdi. In alcuni siti, gli stessi archeologi hanno difficoltà a distinguere la paternità fenicia e punica – i primi infatti fondarono Cartagine, divenuta potente al punto da prendere il sopravvento sui suoi fondatori –, soprattutto in alcune zone del loro impero, tra cui il sud-ovest della Sardegna. Eppure, sino agli anni Settanta, il calcare delle tombe di Tuvixeddu e di Tuvumannu (il versante orientale della necropoli) veniva estratto per alimentare un vicino cementificio. E ancora oggi molte case costruite alle falde della collina hanno inglobato le tombe e i cunicoli, trasformandoli in cisterne, cantine, officine, magazzini. È l’eterno scambio tra la città dei vivi e quella dei morti, che in questo colle di roccia bianca disegnata da centinaia di piccoli rettangoli scuri si ripete dalla notte dei tempi.


La mostra “La città parlante” è stata curata da Sergio Benoni e Paolo Bazzani per l’associazione culturale Tyche. I testi e le foto della mostra sono tratti dal volume “111 luoghi di Cagliari che devi proprio scoprire” pubblicato da Emons editore, con le foto di Daniela Zedda e i testi di Sergio Benoni. La voce della città è di Carla Fiorentino.


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