Centrosinistra, tra Todde e Soru è ancora stallo – Francesco Agus: “Affluenza ai minimi. Alle elezioni si vince aprendosi al civismo”

«Oggi ci troviamo davanti a una coalizione omogenea, ma divisa in due blocchi. Da una parte ci sono i due partiti maggiori a livello nazionale, e dall’altra c’è una base composta dagli schieramenti di Progetto Sardegna, Progressisti e altre liste, tra cui +Europa e Liberu. Due blocchi che oggi sono divisi pur avendo grandi possibilità di andare d’accordo.» Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Extralive per fare il punto sulla situazione del Centrosinistra in Sardegna: una “bomba esplosa” difficile da ricomporre senza un segnale di apertura da parte di tutte le forze in campo.

Ieri in piazza del Carmine c’eravate tutti, ma non eravate insieme.

Eravamo con i rappresentanti sindacali e con i lavoratori. Il tempo per ricompattare il fronte c’è, perché le elezioni saranno verosimilmente il 3 marzo. Le liste andranno presentate entro il 29 gennaio, e il recente passato, ne abbiamo già parlato, ci ha mostrato come coalizioni solide possano diventare esplosive a pochi mesi dalle elezioni, e coalizioni che non esistono possano essere composte poco prima di presentare le liste.

A noi piacciono le persone che riescono a vedere al di là delle nebbie del momento, che vedono sempre una possibilità. Alla fine la politica è la ricerca di una soluzione: ma ci aiuta a vederla questa soluzione?

Sabato nel convegno organizzato a Sassari da Renato Soru e dagli alleati, lo stesso Soru ha ribadito la disponibilità al dialogo e a ripartire da zero. È chiaro che se dall’altra parte arrivasse un segnale sarebbe più facile. Dal palco (della Festa dell’Unità – ndr) sono arrivati segnali di apertura, ma il dialogo si fa con i fatti. Se ogni volta che diamo la disponibilità ad incontrarci tra coalizioni arrivano insulti da parte dei dirigenti nazionali, o accuse di non aver fatto abbastanza opposizione al governo Solinas, diventa difficile. Sembra veramente Mario Brega con la fricchettona: in questi anni chi ha fatto opposizione a Solinas credo che si sia visto. Ecco, mi sembra a volte un atteggiamento di chi, più che salvare il matrimonio, si sta preoccupando di presentare le carte per il divorzista. L’invito è al disarmo. Noi siamo disponibilissimi al dialogo, pensiamo che però non si vinca semplicemente affastellando pezzi diversi di schieramento e liste diverse: bisogna fare un passo in avanti. Anche perché le ultime elezioni, tutte quelle fatte nel 2023, dalle regionali alle comunali nelle grandi città, dicono che si perde ovunque. Tolti gli exploit di Teramo e Foggia, il cosiddetto Campo Largo, (cioè PD e 5 Stelle) ha perso ovunque. Le uniche realtà dove si è riusciti a vincere sono realtà dove si è praticata una grande apertura al civismo: Brescia, Vicenza, Udine, l’anno prima a Verona. Tutte città dove si è convinta una parte di elettorato che non è storicamente vicino ai partiti nazionali ad andare a votare in virtù del bene della città o della regione. Un discorso che va di pari passo con il profilo del candidato che si individua.

Se vogliamo vincere le elezioni, quello è un ragionamento da fare. È chiaro però che quel ragionamento, per partire ha bisogno di un passo indietro: se l’invito invece è subordinato e parte anche da aggettivi “sgraziati”, diventa tutto più difficile. Noi ci proveremo fino all’ultimo miglio, però bisogna essere in due per dialogare.

C’è un passaggio importante nei prossimi giorni che potrebbe diventare l’occasione per una riapertura di dialogo, di confronto?

Tutti i giorni sono buoni, la presentazione delle liste avverrà tra due mesi. Visto il caos e gli errori fatti in precedenza, eviterei però di continuare a discutere su cosa sia successo al tavolo come se fossimo davanti a un tribunale amministrativo e penserei a come ricompattare la coalizione. Rimango ottimista, c’è la possibilità di riuscire a essere competitivi e magari a vincere le elezioni e sarebbe stupido sprecarla. Dopodiché dobbiamo tenere a mente che le elezioni avvengono in un momento particolare dove l’affluenza sarà bassissima, presentarsi alle urne attendendosi un 40% di affluenza non è come correre una competizione elettorale dove a votare va il 60%.

Voi veramente vi aspettate che vada a votare solo il 40%?

Quello è il dato che è stato fotografato in tutte le altre elezioni regionali. Mi sorprenderebbe molto che una regione con i dati socio-economici della Sardegna possa avere un’affluenza di molto superiore a Lazio e Lombardia. Nella regione Lazio ha votato il 38%.

Diciamo che i contendenti, in questo caso, stanno facendo veramente di tutto per allontanare ulteriormente ancora di più i cittadini dalla politica. Stanno facendo una questione di alchimie, di accordi di segreteria, discorsi poco legati alla base.

La cosa che più mi rammarica è che si sta ripetendo quello che sta già avvenendo in altre regioni. Basilicata e Piemonte, più o meno, hanno una situazione in cui il centrosinistra è nelle nostre condizioni: una bomba esplosa. E in Sardegna si poteva fare qualcosa di più perché noi avevamo già un dialogo aperto prima delle elezioni. Non solo costruendo un’alleanza con i 5 Stelle ma cercando di porci il problema dell’ampliamento esterno. Nel 2022 con Paolo Maninchedda, convocammo un convegno a cui parteciparono tutti: da Italia viva fino a movimenti a sinistra anche del campo rappresentato in Consiglio regionale. Oltre venti sigle: c’erano addirittura anche gli ex, cioè i civici che precedentemente facevano parte del Movimento 5 Stelle: quello era un banco di prova e poteva essere un l’inizio di un percorso. Ma poi il percorso è stato reso vano da dinamiche nazionali.

Di solito, quando intervengono quelle dinamiche, anche un percorso vincente rischia di diventare meno produttivo. Il tempo per ripartire da lì però ce l’abbiamo, per cui l’invito a tutti è quello di ripartire con quell’idea, senza immaginarci che da qui parta chissà quale progetto per le elezioni politiche che saranno tra quattro anni. Ragioniamo step by step: la Sardegna non è una pedina che serve per qualcosa che verrà dopo le elezioni regionali sarde. Le prossime regionali sono un momento che, almeno per la nostra popolazione, per la nostra comunità, è fondamentale. Ragioniamo così.

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