Gelo Todde-Soru, Francesco Agus a Radio X: «C’è spazio per ricucire, Alessandra Todde rimandi a Roma il suo addetto stampa»

Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale, una delle forze politiche ad essersi dissociate dalla linea che ha portato alla scelta di Alessandra Todde come candidata del Campo largo per le prossime regionali, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Extralive per un’analisi sul momento politico del centrosinistra in Sardegna: «In questi giorni sento ho sentito delle cose talmente assurde da meritare un ridimensionamento. Basta guardare anche a casi recenti, come quello delle elezioni regionali siciliane dove due mesi prima delle elezioni si sono fatte le primarie e due mesi dopo ci si è presentati alle elezioni separati semplicemente perché uno dei partiti ha fatto un calcolo interno e ha pensato fosse meglio andare separato. Cioè stiamo parlando di qualcosa che è ancora in divenire e che è ancora possibile portare alla ricomposizione.»

Ecco, ma perché si stanno esasperando i toni in questo modo? Sui social leggiamo già commenti molto pesanti, anche aggressivi.

Sui social ricordo benissimo persone che chiedevano la legge marziale per i Cinque Stelle che avevano abbandonato il governo Draghi appena un anno fa. I social sono un indicatore dell’umore del momento, dopodiché c’è il fatto che una ricomposizione, secondo me è un tentativo che dobbiamo fare, una possibilità che non dobbiamo abbandonare, e che si può ancora fare. Perché anche il conflitto acceso di questi giorni è comunque qualcosa di risolvibile se non si continuano a fare errori politici. Perché si è arrivati a questo punto? Perché invece di affrontare il dissenso, lo si è voluto occultare facendo finta che non esistesse. Che Renato Soru non esistesse. Oltre alla linea ufficiale dei partiti c’è altro. Siccome quell’altro esiste, noi lo stiamo stiamo cercando di far notare da mesi. Stiamo dicendo: “attenzione, c’è una parte importante del nostro mondo che non ha capito, che non è allineata; e non sono dei passanti: a volte sono sindaci e nemmeno sindaci dei piccoli Comuni. L’abbiamo fatto per evitare casi come quello del Molise, dove le forze politiche del centrosinistra e il Movimento 5 Stelle erano larga maggioranza alle politiche, esattamente come è accaduto in Sardegna, e alle regionali hanno perso. Perché hanno scelto un candidato allevato in provetta, perché hanno fatto una fusione a freddo, perché non sono stati convincenti, e perché non hanno allargato il campo. Ecco, noi abbiamo detto che per vincere occorreva fare una serie di cose, unire la coalizione, allargarla: e coinvolgere le realtà locali. Pensavamo ad avere un’unica strategia anche per Cagliari e Sassari. Non avrei mai pensato che si sarebbe arrivati alla designazione di una candidata presidente avendo a Sassari un Vietnam del suo partito. Perché ci siamo sentiti prima che fosse nominata e abbiamo detto: “Non saranno così pazzi da mettere la candidata presidente in balia di un caos simile”. E invece ci ritroviamo una pattuglia di giapponesi che non abbandonano la sedia e rimangono lì, anche se il partito gli leva la sigla. A un certo punto si arriverà all’ennesima epurazione di un intero gruppo dirigente locale a pochi mesi dalle elezioni, mettendo anche in grandissimo imbarazzo la candidata disegnata dal tavolo. Un imbarazzo che si sarebbe potuto evitare e non sarebbe ricaduto sull’intera coalizione.

Oggi per spiegare certe cose vedo che si utilizza il metodo del “cherry picking“: si prendono solo alcuni dettagli e li si usa per sostenere il fatto che la designazione (di Alessandra Todde ndr) fosse qualcosa di trasparente, esattamente come lo si farebbe dall’avvocato, ma non è così: la politica è qualcosa di diverso. Noi avevamo iniziato un percorso dicendo che il nome migliore era quello capace di unire la coalizione e addirittura di estenderne i confini, non perdere pezzi per strada.

Su questa questione del nome si è fatta molta polemica. Lei che ha partecipato a quelle riunioni del Campo largo, ci dice se si è mai discusso di nomi? O il nome alla fine è sempre stato quello di Alessandra Todde?

Abbiamo le registrazioni delle trasmissioni a cui mi avete invitato: in una riunione sono stati portati dei criteri. Criteri che si adattavano soltanto a tre candidati possibili: Batman, Gesù Cristo e Claudio Ranieri. Ranieri era già impegnato, e quindi nella riunione successiva si è arrivati a una conclusione, con i due partiti più importanti che hanno legittimamente presentato una candidatura autorevole proprio perché condivisa con i livelli nazionali. In quella riunione alcune forze politiche hanno provato a portare altri nomi.

E chi erano?

Graziano Milia, Mauro Usai, e Renato Soru, nome che è stato fatto all’inizio del percorso da Liberu. I nomi c’erano, e sarebbe stato sufficiente metterli in discussione, ma la realtà è che non si è voluto nemmeno iniziare a parlarne perché si è considerata la discussione come qualcosa di negativo e potenzialmente capace di generare spaccature. Però il risultato è stato anche peggio. Qualunque primaria, qualunque altro metodo sarebbe stato meglio del risultato ottenuto. Anche perché è inutile pensare che il problema sia Renato Soru: Soru è la febbre. L’iniziativa di Palazzo Doglio dello scorso sabato è stata un fatto politico importante, e qualcosa di raro in un periodo in cui le iniziative coinvolgono sempre meno persone.

Un incontro molto trasversale perché nel pubblico c’erano anche tante tessere del PD. E poi ci sarà un altro appuntamento, ce lo ha svelato Graziano Milia, che il 7 dicembre presenterà il Movimento Rinascita Sardegna.

Quello sarà un momento importante. Però è un movimento che per dichiarazione stessa di Graziano Milia si colloca tra gli schieramenti. Se io fossi un dirigente del PD mi porrei una domanda: com’è possibile che quel mondo, quindi un mondo civico che governa la terza città della Sardegna, che è anche l’unica che è rimasta in mano del centrosinistra, oggi si collochi trasversalmente e non sia dentro il nostro campo e non sia con noi a fare liste e a cercare di vincere le elezioni? Se non c’è qualche dubbio dobbiamo porcelo perché non c’è solo Graziano Milia, anche Andrea Soddu, il sindaco di Nuoro, uno degli altri capoluoghi che ancora non è guidato dal centrodestra, si è detto disponibile a candidarsi alle primarie.

Come sono i rapporti con Usai?

Io ho letto il documento approvato dalla direzione del Sulcis-Iglesiente ed è un documento che di fatto sconfessa la linea tenuta sinora. E stiamo parlando di un sindaco che oltre ad avere trentacinque anni è estremamente apprezzato, non soltanto nel suo territorio. Ora se la campagna elettorale non la fa Graziano Milia, Andrea Soddu, Mauro Usai e gli altri sindaci, il circoletto di Iglesias dove presentano i libri, allora chi la fa? Non sono avvisaglie queste? Se si dà la colpa a Renato Soru che fa le conferenze stampa, significa che non si è capito niente della situazione.

Forse Renato Soru, così come tanti altri, sta facendo emergere delle spaccature che però già ci sono: è il sintomo, la febbre, appunto. La politica ci ha abituato a delle piroette degne di Roberto Bolle: secondo lei si riuscirà a trovare una soluzione, a fare in modo che ognuno rinunci a qualcosa?

Io sono fiducioso, perché in Sardegna si può fare: in Sardegna, a differenza di altre regioni, c’è un orientamento di voto autonomistico e propenso a un voto dato con la testa alla regione e non tanto alle dinamiche statali che rende scalabile qualcosa che scalabile non è in questo periodo in cui il centrodestra è più forte a livello nazionale. Se la partita si gioca sui livelli nazionali, quindi in una sfida tra partiti nazionali che anticipa le europee, quindi vista solo in chiave tattica, per noi è persa: ma è persa insieme con quattro candidati, con un solo candidato, è persa comunque. Viceversa, se in questi mesi si inizia un ragionamento e lo si porta a termine, è ancora possibile superare gli ostacoli. I conflitti sono altri, sia in politica che purtroppo, appunto, nel periodo storico che viviamo.

Credo si possa arrivare a una sintesi e sono anche fiducioso rispetto al fatto che le diplomazie in questi giorni e in queste settimane possano lavorare in questa direzione.

Ma se lei, per quanto ha visto finora, dovesse dare un consiglio ad Alessandra Todde che cosa le consiglierebbe?

Rimandi a Roma il suo addetto stampa.

Anche per il bene del campo largo, allargato e ampio, di cui tutti noi di cui tutti noi facciamo parte, alcune uscite che le hanno consigliato hanno soltanto peggiorato le cose. Quando mi si invita a tornare a casa in via Emilia, non posso che sorridere. Cioè lì ci sono cresciuto e prima di me è cresciuto Massimo Zedda, Luciano Uras e tante persone che lì hanno costruito la storia della sinistra in città e in Regione. Che gli ultimi arrivati, che per carità abbiamo sempre accolto a braccia aperte, ci dicano una cosa del genere mi sembra una caduta di stile che probabilmente una persona dentro le cose sarde, avvezza alle cose sarde, avrebbe evitato. Così come la conferenza stampa di ieri non mi è sembrata adatta se si ha in testa la volontà di unire. Quelle sono piccole cose che possono funzionare, se il tuo riferimento sono i dieci secondi per il TG1. Un candidato alla presidenza della Regione deve fare altro.

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