Gigliola Sulis a Radio X: «La letteratura di Sergio Atzeni aggiunge dei fili al vuoto di chi siamo»

«Come lettrice non me la sento di dire che Atzeni sia il padre della nouvelle vague sarda, ma vi posso dire che moltissime scrittrici e scrittori che hanno pubblicato dopo di lui ne hanno riconosciuto il valore e il ruolo di modello: Sergio Atzeni è lo scrittore e l’intellettuale che ha avuto la forza di raccontare la Sardegna in modo nuovo, che ha voltato pagina e ha detto sì, possiamo raccontare le coste, la città, tutte le storie; siamo uomini e donne degli anni 2000, non possiamo continuare a scrivere come agli inizi del ‘900. Quello che dicono gli scrittori e le scrittrici sarde è: “Sì, Atzeni per me è stato un punto di svolta”. E per ognuno di loro lo è stato in maniera diversa. Uno scrittore morto giovanissimo, a quasi 43 anni, che ha anticipato con una produzione letteraria molto ricca, cose che altri hanno iniziato a fare nei vent’anni successivi.»

Sono passati quasi trent’anni dalla scomparsa dello scrittore Sergio Atzeni, ma la sua opera, radicata profondamente nella tradizione sarda e insieme aperta all’innovazione e al dialogo con la cultura contemporanea internazionale, continua ad essere apprezzata in Sardegna e a suscitare un ampio interesse in Italia e all’estero. Ne abbiamo parlato ai microfoni di Radio X con Gigliola Sulis, docente di letteratura italiana all’Università di Leeds e tra le maggiori studiose dello scrittore cagliaritano, a pochi mesi dalla riedizione di uno dei suoi romanzi più apprezzati, “Passavamo sulla terra leggeri”: «Un libro molto particolare, che esce postumo, poiché poco prima della sua morte, avvenuta nell’estate del ’95, Sergio Atzeni aveva inviato il dattiloscritto al suo editore. Quando poi uscì, nel 1996, arrivò per tutti noi come una sorpresa, anche perché li libro precedente, “Il quinto passo è l’addio”, era uscito nel gennaio del 1995 e Sergio Atzeni era famoso per la lentezza della sua scrittura. Ma questo era un lavoro che arrivava da lontano, Atzeni nelle conversazioni con le persone che gli stavano vicine, ne parlava come del suo primo romanzo. […] Un romanzo storico inventato, un romanzo mitico che contiene la visione di quella che può essere stata la nostra storia. Questo è un romanzo che raccoglie un mosaico di storie diverse, che brulica di frammenti di vita. Poi c’è la lingua degli antichi… Un sacco di elementi di questo romanzo non sono veri: Eleonora D’Arborea non è figlia di Mariano e di una donna che passa per caso e che Mariano, quasi per scommessa sceglie come moglie: può essere affascinante pensare che noi sardi siamo veramente i suoi discendenti, ma questa è letteratura. Letteratura che aggiunge dei fili al vuoto di chi siamo. Come riempiamo questo vuoto è un progetto per il futuro, però non è la verità storica degli annali.»

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