Un caffè a Radio X con Francesco Abate: «Gli indegni l’ho scritto per noi, per quelli della nostra generazione»

abate indegni

«Ogni giovane ha i suoi anni Ottanta, ognuno ha il suo momento in cui trova il coraggio di non omologarsi».

La fuga di un sedicenne con una camicia di lino e un tascapane militare a tracolla apre Gli indegni, l’ultimo romanzo di Francesco Abate pubblicato da Einaudi. Una scena che riporta a un’Italia di fine anni Settanta, quando la gioventù cercava il proprio posto nel mondo tra la musica, la politica e un nuovo modo di intendere la libertà. Ai microfoni di Un Caffè a Radio X, intervistato da Giuseppe Murru, ci ha raccontato la storia di questo lavoro, un romanzo di formazione collettivo, che parla di identità, amicizia e resistenza al conformismo: «L’ho scritto per noi, per quella generazione di ragazzi e ragazze che entrarono al liceo nel finire degli anni Settanta e ne uscirono all’inizio degli Ottanta. Era un debito nei confronti di chi ha avuto un cammino fortunato e di chi non l’ha avuto. Scrivendolo per noi, l’ho scritto anche per me».

Ambientato tra Cagliari, Firenze, Parigi e Londra, Gli indegni segue la storia d’amore di Livio e Anais, due adolescenti che si incontrano sotto il palco di Patti Smith nel settembre del 1979, anno simbolo di una svolta culturale: «Lì cambia tutto – spiega Abate – perché chi parte dalla provincia italiana e arriva a Firenze scopre un mondo nuovo: il punk, i capelli colorati, la pelle, le borchie. È il momento in cui ogni figlio uccide idealmente il proprio padre, e nasce un’altra generazione».

Non è però un romanzo nostalgico: «Sono romantico, ma non nostalgico – dice Abate – perché la nostalgia rischia di viziare il ricordo. Ho capito che il momento giusto per scriverlo era intorno ai sessant’anni, quando si può guardare a quegli anni con lucidità». Nel racconto si intrecciano la ribellione e la disillusione, la musica e la perdita, fino alla piaga dell’eroina che segna in modo indelebile una città e una generazione: «Cagliari fa drammaticamente i conti con l’immissione massiccia delle droghe. È anche la storia di una generazione scomparsa, che ha perso molte battaglie ma forse una l’ha vinta…». Tra i personaggi spicca Daphne, figura ispirata a Laura Grasso: «Nel libro ci sono tanti omaggi, ma voglio ricordare lei, una delle prime a dichiararsi lesbica in città e tra le fondatrici dell’Arcigay. Voglio ricordarla per la forza e la leggerezza con cui ha affrontato le sue battaglie».

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