
«La longevità non è solo vivere più a lungo, ma vivere meglio, e per farlo dobbiamo riscoprire l’armonia con noi stessi e con il mondo». Con queste parole Stefano Benedikter, giovane imprenditore e fondatore della startup Nuraxi (nuraxi.ai), ha raccontato ai microfoni di Radio X il cuore di un progetto che nasce dalla Sardegna e guarda al futuro dell’umanità, intrecciando benessere, intelligenza artificiale e cultura ancestrale.
Cresciuto tra Roma e l’isola, con radici familiari che affondano tra il nord e il sud dell’Italia, Benedikter ha vissuto in oltre venti paesi e da sedici anni risiede in Africa, in Zambia. Ma è proprio in Sardegna, spiega, che ha sentito il bisogno di chiudere un cerchio: «Nel 2016, tornando in Italia dopo la perdita dei miei nonni, mi sono chiesto: perché se ne vanno così presto, mentre le mie zie sarde lavorano ancora con entusiasmo a 95 anni? Così è nata l’idea di scoprire cosa significhi davvero “longevità”».
Da quell’intuizione è nato Nuraxi, un progetto partito nel 2017 e divenuto realtà imprenditoriale nel 2019. «All’inizio ci siamo concentrati sul cibo, perché rappresenta circa il 20-25% di ciò che influisce sull’invecchiamento sano», racconta Benedikter. «Ma poi abbiamo capito che non basta: il benessere non è solo fisico, è fatto di relazioni, senso della vita, comunità. È salute preventiva, non ossessione per la performance».
Il cuore tecnologico della startup è la creazione di un gemello digitale: «Ma non come Siri che ti dice cosa fare minuto per minuto. Il nostro sistema osserva il tuo stato di salute, i tuoi dati – sempre anonimi e protetti – e crea simulazioni basate su esperienze simili in giro per il mondo. Tu puoi scegliere se seguirle, restando sempre protagonista del tuo percorso». L’approccio non è medicale, ma fortemente umano: «Noi siamo uno strumento nelle mani di professionisti, consulenti e operatori sanitari. La nostra tecnologia non parla direttamente con le persone, ma serve a fornire indicazioni, sempre validate, che aiutino a vivere meglio». Una visione che si discosta radicalmente da quella, definita “molecolare”, dominante negli USA: «Là si studia la longevità come se l’uomo fosse solo una macchina. Ma se ti stressi per non aver dormito abbastanza, hai già fallito. La vera sfida è riscoprire il piacere di alzarsi, aprire la finestra e dire: “Che bello oggi”».
Il progetto è già fortemente internazionale, con collaboratori in Regno Unito, Stati Uniti, Arabia Saudita, Svizzera e Turchia, ma mantiene le sue radici in Sardegna: «Ci sostengono l’Università di Sassari, The Net Value con Mario Mariani, e domani faremo un pellegrinaggio simbolico a Su Nuraxi. Vogliamo mostrare ai nostri partner stranieri che questo non è solo un progetto tecnologico, ma anche spirituale. La Sardegna è un’isola di innovatori da 5000 anni: c’è una storia nelle pietre, nella gente, che va raccontata». Ma è importante aprire lo sguardo sul futuro: «Tutti parlano di vivere più a lungo, ma nessuno si chiede in che mondo vivremo. Ha senso puntare a vivere 200 anni se intanto distruggiamo il pianeta? La longevità è anche planetaria: serve un equilibrio con la natura, con le persone, con la comunità. Ed è questo il messaggio che vogliamo portare nel mondo, partendo da qui».
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