Commercianti in crisi – Emanuele Frongia: «Pubblici esercizi vivono un nuovo lockdown. Senza interventi straordinari torneremo indietro di vent’anni»

Locali vuoti e vie sempre più deserte, in quello che appare come una sorta di lockdown non dichiarato: sono sempre di più le attività commerciali del centro che in questi giorni si sono viste costrette a chiudere i battenti o che si ritrovano a optare per la “settimana corta”, lavorando solo nel fine settimana. Cagliari si ritrova a fare i conti con gli strascichi della pandemia, e a pagare il conto sono oggi i lavoratori. Ne abbiamo parlato all’interno di Extralive con Emanuele Frongia, rappresentante della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi della Confcommercio: «Sta avvenendo ciò che tutti quanti ci aspettavamo dopo due anni in cui giustamente abbiamo fatto attenzione alla crisi pandemica. Stiamo pian piano uscendo dalla pandemia ma oggi il problema è quello economico. Le nostre aziende, che sono state il comparto più colpito insieme a quello della cultura e dell’organizzazione di eventi, stanno incontrando oggi grandi difficoltà. Per arrivare sino ad oggi ci siamo indebitati e questo nessuno lo capisce. Nel 2020 in Sardegna hanno chiuso circa 600 aziende. I ristori sono stati una goccia d’acqua, perché se è vero che abbiamo avuto degli accrediti nei nostri conti, è altrettanto vero che appena abbiamo riaperto sono tornati immediatamente gli F24. Tanti di noi non sanno come arrivare alla stagione estiva: chi ha affrontato questa guerra è rimasto ferito, ma non è stato curato. Servivano misure davvero straordinarie, ma così non è stato: pensate ad esempio agli organizzatori di eventi, che sono stati 2 anni senza mai lavorare. Come faranno a ricominciare?» Ma quali interventi servirebbero per dare respiro alle aziende che si occupano di attività legate al turismo e alla ristorazione? «Oggi c’è un turnover troppo alto all’interno delle nostre aziende perché non riusciamo a creare un clima di serenità. Viviamo in una situazione in cui il costo del lavoro non ci consente di dare qualcosa in più. Tra novembre e febbraio è difficile pagare gli stipendi delle persone: le aziende in Sardegna lavorano da marzo a ottobre, gli altri mesi sono improduttive. Nell’ultimo anno abbiamo cercato di tenere tutto il personale, ma senza risorse è insostenibile: ricordiamo che dal 2012 abbiamo dato 250.000 posti di lavoro in Italia, ma se vogliamo puntare sul turismo è necessario investire per non tornare indietro.» «Il problema è che le risorse non riescono a coprire tutti. Serve un piano Marshall, quattro o cinque azioni come il taglio del cuneo fiscale, taglio del costo del lavoro, finanziamenti per investimenti, credito d’imposta su tutti gli investimenti delle aziende. Senza interventi di questo tipo siamo tutti destinati a chiudere. La politica non sta facendo finta che il problema non ci sia, ma il grandissimo problema dell’Italia è una macchina burocratica lentissima: le risorse e i bandi ci sono, ma l’esecuzione è troppo lenta. Quello che proponiamo è far gestire l’erogazione dei fondi a realtà come la SFIRS o la Camera di Commercio. Abbiamo lanciato questo allarme e senza azioni importanti rischiamo di tornare indietro di vent’anni. Non è pensabile derubricare tutto a “quest’estate un po’ vi rifarete”.»

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