“Io non finisco perché non ho incominciato mai!”
Anton Cechov, Platonov, atto 3.
Durante i tumulti della rivoluzione russa del 1917, Maria Čechov, sorella di Anton, nascose molti manoscritti e appunti del fratello in una cassetta di sicurezza a Mosca. Nel 1921 alcuni studenti sovietici, riuscirono ad aprirla per caso e scoprirono un testo teatrale. Cechov aveva ventun anni quando lo scrisse. Il testo che trovarono era incompleto, aveva moltissimi personaggi, moltissimi argomenti e tematiche, moltissima azione… Platonov, così in genere viene chiamato questo primo dramma di Cechov, è il fallimento dell’utopia del suo giovane autore che vuole raccontare la vita cogliendone appieno i più profondi meccanismi. Il suo sforzo s’infrange contro la vita stessa e l’impossibilità di coglierla nella sua interezza in un dramma teatrale. Questo testo è generalmente considerato come “non rappresentabile” o “impossibile da mettere in scena”.
Ciò che resta è un gigantesco affresco composto da brandelli di scene, dialoghi, personaggi che cercano un senso a quello che senso non può avere. Che cercano una forma a quello che forma non può avere. Che cercano un fine per quello che fine non ha.
Un grande e meraviglioso affresco incompiuto… a cominciare dal titolo: Bezotcovščina significa infatti Orfano di padre. Come un’opera Senza Titolo.
Questo è Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove: un’opera non finita per esseri umani non finiti, incompleti, incerti, resi fragili dal loro “voler essere” che si scontra inevitabilmente con ciò che sono nella realtà. Come noi.
Cechov ci ha trasmesso tanta conoscenza del genere umano; è rara da trovare. Vorremmo riconsegnarla con autenticità e leggerezza, per entrare nel dolore della vita senza restarne impigliati.
Il Mulino di Amleto
Dal 5 al 9 febbraio al Teatro Massimo va in scena “Platonov, un modo come un altro per dire che la felicità è altrove”, tratto dal primo testo di Anton Čechov. Uno spettacolo del teatro “Il Mulino di Amleto”, inserito all’interno della stagione del CeDAC che nella riscrittura di Marco Lorenzi e Lorenzo De Iacovo condensa le 220 pagine del testo originale: «Un testo scritto per un’attrice di cui lui era innamorato, ma che lo rifiutò… Ritrovato e ripubblicato postumo dalla sorella. Platonov è un personaggio molto bello: la sua stessa inquietudine, la sua stessa insoddisfazione di vita, l’idea di cercare la felicità sempre altrove rispetto al suo presente diventa motivo di interesse, perché permette di rispecchiarsi nelle sue inquietudini, e riconoscere noi stessi.»
Ne abbiamo parlato all’interno di Extralive mattina con Michele Sinisi, protagonista della piece, e con Barbara Mazzi e Stefania Medri, in scena insieme a Stefano Braschi, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Raffaele Musella, Angelo Maria Tronca.
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