Covid-19 e sanità in Sardegna: continua a crescere nell’isola la preoccupazione per un sistema deficitario e in costante difficoltà. Le criticità sono state denunciate nella giornata di ieri nel corso di una conferenza stampa indetta dal Centrosinistra sardo in cui si è parlato di covid, delle gravi carenze dei presidi di pronto soccorso, ma anche del blocco degli interventi di chirurgia ordinaria e dei problemi legati al personale ospedaliero. Ne abbiamo parlato con Francesco Agus, portavoce dei Progressisti e componente della Commissione sanità in Consiglio regionale: «La situazione è gravissima ma non è seria, o meglio non è affrontata seriamente. Il fatto che l’assessore alla Sanità abbia inaugurato un pronto soccorso chiuso poche ore dopo l’inaugurazione dovrebbe essere la principale notizia sui giornali sino alla riapertura o alla rimozione dell’assessore: sbagliare è lecito, ma non lo è prendere in giro le persone, soprattutto quando si parla di un tema importantissimo come la nostra salute. […] La sensazione è che siano già stati scelti i capri espiatori e che si faccia finta di niente anche di fronte a situazioni gravissime. Noi abbiamo, dal 2020 due pronto soccorso (Brotzu e Policlinico) che coprono il lavoro che prima della pandemia era svolto da quattro pronto soccorso. Da Oristano in giù, la maggior parte dei presidi ospedalieri è in gravissima crisi e scarica i problemi su queste due strutture che in teoria dovrebbero essere covid-free, ma lo sono talmente tanto da avere al loro interno un reparto Covid, che al Brotzu conta 63 ricoverati. Una situazione che blocca o rallenta tutte le attività degli altri reparti. I pazienti covid ricoverati in strutture “non covid” poi non possono accedere a tutte le terapie, come le cure con i monoclonali. Soprattutto non è possibile curarli quando quei pazienti formalmente non esistono e i loro numeri non vengono comunicati al ministero. I reparti sono saturi e ciascun ospedale sta risolvendo come può: in particolare il Brotzu qualche settimana fa ha risolto consentendo i ricoveri in qualunque reparto, a prescindere dalla patologia. Per finire la chirurgia: avere i reparti strapieni e non avere un posto letto o in terapia intensiva ha portato al fatto che oggi sia possibile solo fare interventi in emergenza-urgenza. Tutto quello che si può rimandare, viene rimandato.»
Permane il problema della carenza di medici e personale ospedaliero: «Gli specialisti che lavorano negli ospedali si stanno dimettendo o se ne vogliono andare: molti vanno in malattia per esaurimento nervoso perché sono in burnout, e sono costretti a fare turni assurdi come quelli che abbiamo visto a Muravera dove per 18 ore di fila sono stati costretti a non abbandonare il presidio per evitarne la chiusura. Ciò che non capisce questa maggioranza è che oggi un medico specializzato ha tantissime possibilità lavorative e in tanti oggi scelgono di lavorare nel privato.»
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