Francesco Agus a Extralive: «Gestione sanità disastrosa. Oggi le emergenze sono due: il Covid e le liste d’attesa per altre patologie»

Emergenza Covid e sanità in Sardegna: anche nell’isola cresce la preoccupazione per un sistema deficitario che nelle prossime settimane potrebbe ritrovarsi ad affrontare un numero importante di ricoveri e che non riesce a garantire tamponi a sufficienza. Ne abbiamo parlato con il portavoce dei Progressisti in Consiglio Regionale, Francesco Agus, a ridosso della discussione della mozione dell’opposizione sull’emergenza Covid 19, in cui l’assessore Nieddu ha svelato i numeri dell’ospedalizzazione in Sardegna: «Solinas non si è presentato e non è stato un caso. Nella sua assenza si è letta una sfiducia all’assessore alla Sanità, esplicitata anche dal fatto che la seduta si è chiusa con la votazione di due documenti contrapposti: uno del centro-sinstra che era la mozione che ha portato al dibattito in aula, e uno del centro-destra identico al nostro, in cui di fatto si è sancito che occorre un cambio di passo. È la premessa alla sostituzione dell’assessore Nieddu. Oggi le emergenze sono due: c’è il Covid e c’è quella legata alle altre patologie, con liste d’attesa che in questi sei mesi sono aumentate vertiginosamente.»

Tamponi rapidi. «Abbiamo chiesto all’assessore» – continua Agus – «come mai 7 regioni si sano accodate al Veneto per l’acquisto dei tamponi rapidi, che consentono di dare un risultato in 15-20 minuti, e la Sardegna sia invece assente da questo processo. […] Sembra che la soluzione trovata dalla Sardegna sia quella di costringere alla quarantena per giorni e settimane chi magari ha avuto contatti con un sospetto positivo.»

Dalla giornata di ieri è però possibile, in tutte le strutture pubbliche, effettuare i tamponi a pagamento dopo prescrizione del medico di base: «Mi chiedo come sia possibile che le strutture che non riescono a fare i tamponi richiesti dal SSN, li possano vendere. Un problema che è anche un disincentivo al ricorrere alla ASL: la famiglia che ha il bambino con la febbre a 38, prima di chiamare il pediatra o la ASL ci pensa due volte. Il rischio è quello di non poter uscire di casa per un mese, di dover chiudere la propria attività lavorativa e di non avere dalla Regione nessuna risposta nel vero senso della parola: ci sono persone che da giorni trovano il centralino occupato.»

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