Dalla camera oscura ai cieli della Sardegna: un caffè a Radio X con Gianni Alvito: «La fotografia è curiosità e sperimentazione»

«La mia passione per la fotografia nasce da un luogo magico: la camera oscura che mio padre aveva costruito nella nostra casa a Poggio dei Pini». Così inizia il racconto di Gianni Alvito, fotografo e tecnico dell’immagine, ospite di Ilene Steingut a Un caffè a Radio X. Una storia che dalla curiosità adolescenziale per la stampa in bianco e nero si è trasformata in una passione per le immagini fotografiche da prospettive aeree, con aquiloni, dirigibili, droni ed elicotteri.

«All’inizio mi affascinava più la tecnica che la fotografia: passavo ore a osservare pellicole, filtri, stampe. Poi, attorno ai 16-17 anni, ho iniziato a scattare, influenzato da alcuni fotografi più grandi di me, come Giancarlo Deidda, Nanni Pes, Marco Desogus. Li seguivo alle sagre, per documentare le persone, la realtà. Loro mi hanno aperto la mente: è grazie a loro se ho cominciato davvero».

Il passaggio alla professione arriva con un concorso vinto all’Osservatorio Astronomico di Cagliari, dove Gianni lavora con strumenti sofisticati per fotografare il cielo: «Mi hanno scelto perché sapevo gestire un laboratorio fotografico analogico. Stampavo, sviluppavo, conoscevo le pellicole e i processi chimici. Fotografare le stelle con un telescopio da quattro metri è stata un’esperienza unica».

Poi un’altra svolta, altrettanto inaspettata, arriva dal Poetto: «Abitavo lì e costruivo aquiloni acrobatici. Un giorno ho scoperto che alcuni architetti americani usavano aquiloni per sollevare macchine fotografiche. Ho iniziato a costruire anch’io questi “accrocchi”, e a fotografare da 30-40 metri d’altezza. Era un punto di vista completamente nuovo: dettagliatissimo ma inusuale». Dagli aquiloni, la fotografia di Gianni Alvito inizia a spostarsi verso i dirigibili a elio, poi ai droni artigianali costruiti in casa: «I primi li montavamo pezzo per pezzo. Era tutto un incastro: motori, eliche, radiocomandi… Oggi con pochi soldi compri apparecchiature incredibili, ma allora era pura sperimentazione». Una passione da cui nasce anche teravista.it, sito dove raccoglie il suo lavoro di documentazione aerea.

Tra i progetti più significativi, Alvito ricorda quelli legati alla trasformazione del Poetto, dal ripascimento alla riqualificazione: «Vivendo lì ho seguito tutto: i lavori giorno e notte, i rumori. Le mie prime immagini sono state apprezzate e mi hanno affidato un incarico ufficiale per documentare l’intero cantiere per un anno». E poi ancora Tiscali, Molentargius, l’archeologia industriale, i piani paesaggistici: «Molti dei progetti sono serviti per l’Atlante dei piani della Regione Sardegna». Il punto più alto – in tutti i sensi – arriva però con l’elicottero: «Un mezzo che ti consente ogni movimento, ogni quota. Ho volato per 20-25 ore sopra la Sardegna per acquisire immagini per università e istituzioni. Entrare nei canyon di Gorropu con l’elicottero è stata un’emozione irripetibile».

Ma cosa direbbe oggi Gianni Alvito a un giovane che vuole avvicinarsi alla fotografia? «La mia storia è una serie di coincidenze fortunate, ma c’è un elemento fondamentale: la curiosità. Se hai un’idea, prova a metterla in pratica. Oggi è più difficile forse, ma ci sono anche più strumenti e opportunità. Basta non perdere la voglia di sperimentare».

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