«La terra sotto i nostri piedi racconta tante storie». A ricordarcelo, ai microfoni di Un caffè a Radio X, è il geologo Mauro Pompei, intervistato da Ilene Steingut in una puntata dedicata alla storia geologica della Sardegna, “un museo a cielo aperto” che continua a rivelare i segreti del suo passato.
Appassionato di geografia fisica sin dai tempi del liceo, Pompei ha raccontato come ogni paesaggio sardo sia un libro aperto per chi sa leggerlo: «A Calamosca, oltre alla bellezza del paesaggio, vedo la sequenza delle formazioni geologiche, da quelle più recenti a quelle antiche del Miocene, che si possono osservare persino dal mare». La Sardegna, spiega, «è una terra antichissima: un’isola che una volta era attaccata alla Spagna e alla Francia e che, ruotando su sé stessa, ha assunto la posizione attuale. Abbiamo rocce nel Sulcis Iglesiente che risalgono a 500 milioni di anni fa – racconta – e custodiscono fossili tra i più antichi, come i trilobiti». Tra i luoghi del cuore di Pompei c’è Funtanazza, una zona dove affiorano fossili di conchiglie e spettacolari formazioni di lava a cuscino, testimonianza di antiche eruzioni vulcaniche che si raffreddavano a contatto con il mare: «La Sardegna è davvero un museo geologico a cielo aperto», che negli anni ha visto crescere i flussi del turismo geologico: “L’isola è molto apprezzata soprattutto dai visitatori del Nord Europa, che spesso conoscono le nostre rocce meglio di noi”.
Ma la geologia non è solo bellezza e storia: è anche la chiave per comprendere e prevenire i rischi del presente: «Gli eventi calamitosi, come le alluvioni, non sono nuovi – spiega Pompei – abbiamo documenti che risalgono alla fine del Settecento». Il problema, però, è l’intervento umano: «Abbiamo cominciato a costruire dentro gli alvei dei fiumi, sottraendo spazi dove le acque cercavano di scorrere naturalmente». Un errore che ha aggravato i fenomeni di dissesto idrogeologico e reso più frequenti le tragedie.
In uno sguardo finale su Cagliari, Pompei invita a guardare sotto i nostri piedi: «La città è costruita sulla roccia, e sotto Piazza d’Armi, ad esempio, c’è una grande cavità, una delle tante testimonianze di un sottosuolo sfruttato fin dall’epoca punico-romana». E svela anche un piccolo equivoco linguistico: «Il tufo cagliaritano, in realtà, non esiste. È una distorsione del termine tuvu, che significa cavità. Le case antiche della città sono fatte di pietra cantone, un calcare marnoso di origine marina, non di tufo vulcanico».
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