
Superare pregiudizi e stereotipi sulla disabilità è una sfida quotidiana, soprattutto in ambiti in cui l’accessibilità sembra ancora un ostacolo. Lo sa bene Michele Mele, matematico e scrittore, che fin da bambino si è sentito dire che, a causa della sua patologia visiva, non avrebbe mai potuto studiare matematica. Ospite di questa puntata di Oltre le barriere, Mele ci ha raccontato il suo percorso e il lavoro di ricerca che lo ha portato a scrivere due libri: “L’universo tra le dita” e “Il richiamo della strada”.
“Esiste uno stigma che allontana ipovedenti e non vedenti dalle discipline scientifiche. Si pensa che la scienza sia puramente visiva, ma non è così. Si vede con gli occhi della mente, e poi si trova il modo per codificare le intuizioni.”
I suoi libri raccolgono le storie di scienziati con disabilità visiva che, nonostante le difficoltà, hanno lasciato il segno nella storia della scienza. Tra questi, spicca il nome di Leonhard Euler, uno dei più grandi matematici di sempre, che ha continuato a produrre lavori fondamentali anche dopo aver perso completamente la vista, e quello di John Metcalf, ingegnere stradale del Settecento, non vedente autodidatta che costruì oltre 300 km di strade e più di 20 ponti: “Non è un pugno di cellule in meno a fare la disabilità, ma il contesto in cui ci si trova.” Per questo motivo ha fondato “Science In Braille”, un collettivo di scienziati ipovedenti e non vedenti supportato dall’ONU, con l’obiettivo di abbattere le barriere che limitano l’accesso alle discipline STEM. Un impegno che oggi va oltre la divulgazione accademica: “Non volevo scrivere un libro per i professoroni. Questi libri devono arrivare ai ragazzi, alle famiglie, a chi scrive le leggi e a chi educa. Sono loro il primo baluardo contro la ghettizzazione sociale.”
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