In bici dalla Patagonia all’Alaska: il viaggio di Giacomo Turco alla scoperta della vita vera

Due anni in bicicletta dall’estremo sud al punto più a nord del continente americano, dalla Patagonia all’Alaska, per 36.000 chilometri in solitaria: nello zaino una tenda, un fornelletto da campeggio, il GPS, un’agenda e due macchine fotografiche, una GoPro e una Yashica T4 analogica. Il 12 gennaio parte il viaggio di Giacomo Turco, ventisettenne veronese, ingegnere aerospaziale con la passione per l’avventura. Jack cavallo pazzo, per gli amici.

Ai microfoni di Radio X, intervistato da Sergio Benoni, ci ha raccontato la sua storia.

La tua non è un’impresa sportiva ma un viaggio di un altro tipo, quasi un viaggio interiore. Tu hai ventisette anni, una laurea in ingegneria aerospaziale, avevi un bel posto di lavoro ma a un certo punto hai deciso di mollare tutto e iniziare a girare il mondo in bicicletta. Ce lo racconti?

La spinta nasce dall’interesse per la diversità, una cosa che parte proprio dalla mia infanzia ed è anche il motivo per cui ho scelto di studiare ingegneria aerospaziale: mi interessava molto l’esplorazione, l’andare oltre il limite. Quell’idea per cui dietro hai qualcosa che conosci, hai la tua casa, hai diciamo qualcosa di familiare e davanti a te hai qualcosa di ignoto, che ti fa paura ma che allo stesso tempo vuoi esplorare. E vuoi esplorare anche tutte le sensazioni che ti può dare proprio questo percorso. Io appunto ho studiato ingegneria aerospaziale, poi ho fatto la mia magistrale in Svezia, a Stoccolma, e poi ho fatto la tesi in Giappone all’Agenzia spaziale giapponese: con il Covid è diventata tutta una un’avventura perché appunto c’è stato il lockdown e sono rimasto in Giappone. Stare da solo in Giappone è stata un’esperienza molto introspettiva. Quando sono tornato, prima di iniziare a lavorare, ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare una bella avventura. La bici mi sembrava una bella cosa, e dato che si poteva andare in Islanda e c’era la quarantena pagata dal governo islandese, mi son detto: “Va bene, proviamo ad andare in Islanda.” E sono andato cinquanta giorni in Islanda da solo con la bici. All’inizio non sapevo niente: il sole non andava mai sotto l’orizzonte perché era estate ed è stato un viaggio davvero potente, dentro di me, e mi ha fatto capire quanto viaggiare in bici da solo per me sia un’esperienza primordiale.

Da solo diventa proprio un viaggio interiore.

E ci si connette molto meglio anche con le persone: con la bici ti prendi il vento, la pioggia. In una giornata si può passare da momenti bellissimi, da vedere un arcobaleno alla disperazione. Tutte le cose le senti di più. E anche l’interazione con gli altri diventa più genuina. Le persone vedono che sei un poverino, da solo per strada e quindi ti vogliono aiutare e anche tu sei molto più aperto: è inevitabilmente diverso dal viaggiare con qualcuno che ti “stabilizza”.

C’è stata l’islanda e poi c’è stata l’estate scorsa. Hai attraversato la Mongolia in bicicletta, un’altra bellissima avventura. Come è nata la scelta di quel territorio?

La Mongolia per chi ama la libertà, gli spazi aperti, la natura più vera e più cruda è sempre un punto di riferimento. Erano un po’ di anni che ci pensavo e mi son detto: “Se non lo faccio adesso che voglio farlo, quand’è che lo faccio?” E quindi ho comprato il volo. Però ho capito che ero palesemente impreparato, perché comunque quando sei in mezzo alla steppa non ci sono nemmeno strade. Sei in mezzo al nulla. Serve il GPS satellitare, un fornello che vada con la benzina. Devi potabilizzare l’acqua, perché bevi dalle pozze che trovi lungo la strada. E se si rompe un pezzo della bici…

Dentro di te stavi già progettando questo viaggio dal sud al nord delle Americhe oppure è una cosa che si è sviluppata mentre pedalavi lì in in Mongolia?

La prima volta che ho avuto questa idea è stata nell’aprile 2022: stavo guardando i video di una persona che l’aveva fatto e mi sono detto: ma perché non posso farlo anche io? Da lì quest’idea si è allargata ovunque a macchia d’olio e quindi ho iniziato a pensarci veramente. Poi a fine 2022 ho fatto tre mesi in Nepal in cui ho lavorato da remoto e ho iniziato a farmi questa grande domanda: voglio fare questo viaggio pazzo che scardinerà completamente la mia vita? E quando sono tornato la risposta è stata: proprio sì. È la cosa che voglio fare di più in assoluto.

E le persone con cui lavoravi, la tua famiglia, i tuoi amici, come hanno reagito quando hai comunicato questa scelta?

Per i miei soprattutto è stato molto scioccante. Alla fine io credo che chi mi conosce veramente sa chi sono. E anche vedendo le esperienze che ho fatto prima, ha un po’ un’idea del personaggio che sono e di cosa mi può piacere: magari però non pensavano che sei arrivato a questo punto. Diciamo che ci hanno messo un po’, magari anche a a interiorizzarlo, ad acquisirlo, ma poi però ho avuto anche molto sostegno da parte dei miei genitori. Per me è stato molto importante perché credo che abbiano capito che è una cosa che io voglio fare veramente tanto.

I tuoi genitori sono anche il motivo per il quale tu, ragazzo veronese, oggi sei qui a Cagliari a parlare a Radio X: perché i tuoi vengono spesso in Sardegna, hanno molti amici in Sardegna e quindi tu hai un mezzo piede in Sardegna e sono il tuo sponsor emotivo. Ma a lavoro come l’hanno presa?

La mia azienda per fortuna è molto giovane, è più rilassata di altre. I miei colleghi già mi chiamavano Jack cavallo pazzo, hanno visto che sono andato in Mongolia: questo li ha colpiti, però era una cosa in linea con il personaggio. Annunciare l’altro viaggio è stata una bomba: ogni persona ha avuto reazioni molto potenti, perché non è come dire “vado a farmi una vacanza”. È praticamente una scelta di vita. Ci sono tante persone che magari fanno viaggi con la bici in posti sperduti, ma uno, due mesi, tre mesi. In questo caso il viaggio diventa la mia vita.

Il Giacomo che ritorna sarò molto diverso dal Giacomo che parte. Il 12 gennaio partirai da una piccola città della Patagonia, Ushuaia. Arriverai lì con un piccolo aeroplanino, da Buenos Aires, e inizierai a pedalare in salita e controvento.

Gran parte delle persone per questo motivo fa il viaggio da nord a sud. Io però ho capito che non avevo voglia di aspettare altri sei mesi. Sarei impazzito.

Trentaseimila chilometri, se tu pedalassi 36 km al giorno, significherebbero 1000 giorni. Il tuo sarà un viaggio lunghissimo. Cosa ti aspetti di trovare? Cosa vai a cercare lungo questo viaggio?

Man mano che mi avvicino alla partenza anche le sensazioni sono diverse. Quello che cerco è un’esperienza di vita vera, perché per me viaggiare in bici è proprio vita vera. Lavorando in ufficio mi sento veramente anestetizzato: ogni giorno è un po’ uguale, arrivano le sei, poi ti fai da mangiare, poi vai a letto. È una routine in cui aspetti il weekend però poi il weekend che cos’è? I sensi sono come silenziati: non senti gli odori, non senti la fatica, non senti la fame. Non non senti neanche la paura: perché alla fine viaggiare in bici significa anche chiedersi “il fornello funzionerà? Oddio, sto finendo il cibo.” Una strada piena di emozioni.

Ci siamo resi conto di cosa significa per te viaggiare attraverso i piccoli video che hai pubblicato sul tuo canale Instagram e Youtube e che raccontavano come si svolgevano le tue giornate. Rispetto alla Mongolia, lo scenario americano sarà molto più antropizzato. Passerai in mezzo ai villaggi, forse attraverserai anche qualche città, in una costante alternanza tra il mondo selvaggio della natura e quello dell’uomo. Come ti immagini questo contrasto?

Cercherò di passare il meno possibile dalle grandi città, soprattutto in Sud America, perché sono anche i posti un po’ più pericolosi. E diciamo che cercherò di dare molto spazio anche alle strade un po’ più remote, perché alla fine quella forse è anche un po’ più l’esperienza che vado a cercare.

Hai già tracciato il tuo percorso?

Mi sono fatto un itinerario di massima, ma non ci sono mille strade tra cui scegliere. Sicuramente sarà un alternarsi di sensazioni, tra la natura e le persone. Però il bello di essere da solo è che tu sei libero in ogni momento di essere e di fare veramente quello che vuoi. Quindi se un giorno vuoi andare a destra vai a destra, un giorno vuoi andare a sinistra, vai a sinistra. E comunque ho abbastanza tempo per non dover pedalare ogni giorno come un disperato, per essere aperto a tutto.

Parliamo un po’ di logistica. Quando uno parte per un viaggio così deve calcolare molto bene che cosa portarsi, il peso, l’ingombro. Pensare alle cose che si possono rompere. A proteggersi dal freddo durante la notte. Quanto è importante questa parte nell’organizzazione di un viaggio come questo?

Questa parte è ciò a cui ho dedicato il settanta per cento del mio tempo negli ultimi mesi: l’itinerario è qualcosa che si può decidere di durante il percorso, ma proprio l’equipaggiamento, la bici, il settaggio delle borse, sono cose fondamentali che fanno veramente la differenza. Avrò anche qualche pezzo di ricambio, ma non tanti perché è importante non avere troppo peso. Serve un compromesso tra la possibilità di gestire degli imprevisti e l’agilità della bici.

Avrai il potabilizzatore e il fornelletto?

Sì, queste cose sono fondamentali. Anche perché in generale tu devi essere pronto a gestire ogni tipo di scenario. Quello di cui mi sto rendendo conto è che se tu vuoi fare delle cose un po’ al limite devi fidarti molto del tuo equipaggiamento. E questo ti permette anche di avere la fiducia che serve per andare avanti.

Telecomunicazioni: come sei organizzato?

Quando ci sarà la copertura avrò sicuramente una sim con cui potrò mandare delle comunicazioni, dire a mia mamma che sto bene e così via. Quando non non ci sarà nessun campo, ho comunque un GPS satellitare che permette sia di mandare la mia posizione che, in casi estremi, di chiamare i soccorsi. Questo per la gioia e la pace mentale di mia mamma fa molto, ma anche per me è importante.

Ci risentiremo in questi mesi per raccontare la tua impresa, questo tuo viaggio che appunto è anche un viaggio interiore, un viaggio di racconto delle persone, delle città, delle culture che troverai lungo questo percorso.

info / Giacomo Turco – Cycling.beyond su instagram / youtube.com/@cycling.beyond

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