Inchiesta ‘ndrangheta in Sardegna: l’isola polo strategico per gli affari delle cosche – Intervista con Cecilia Anesi

Per anni si è creduto che la Sardegna godesse di una speciale immunità nei confronti della criminalità organizzata. Eppure negli ultimi venticinque anni, la ‘ndrangheta ha consolidato nell’isola un fiorente traffico di droga, armi e rapporti di potere: lo svela un’inchiesta coprodotta da IrpiMedia e dalla testata sarda Indip, che sarà presentata a Cagliari giovedì 24 novembre negli spazi di Su Tzirculu di via Molise 58. Ne abbiamo parlato all’interno di Extralive con Cecilia Anesi, giornalista specializzata in inchieste transazionali sul crimine organizzato e sul narcotraffico: «Si diceva che ai sardi non si poteva chiedere il pizzo e che quindi fosse impossibile un ingresso delle mafie dal continente. Resta vero che è difficile chiedere il pizzo a un sardo, ma non è vera la teoria che vorrebbe le mafie fuori dall’isola. La ‘ndrangheta, che è una mafia particolarmente ricca, in questo momento forse la più ricca al mondo, ha oggi una capacità unica di entrare nelle economie legali e illegali, e in Sardegna ha oggi una forte presenza nel mercato delle droghe, soprattutto per quanto riguarda la cocaina, sostanza richiestissima nell’isola, ma anche come acquirente della marijuana sarda. La Sardegna è un importante centro anche per il traffico di armi, che tocca anche la Corsica. […] Dalla nostra inchiesta è emerso come una serie di ovili nelle campagne del Marghine siano diventati la base operativa per il traffico di cocaina delle cosche di San Luca, in collaborazione con la criminalità sarda. […] La ‘ndrangheta a differenza di altre mafie mantiene un profilo basso: è una mafia silenziosa, quasi invisibile, che non ostenta il potere con auto o case di lusso e lavora sotto traccia: per questo è difficile da percepire all’interno dei territori.»

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