Renato Soru a Radio X: «Mi accusano di essere partito in fuga, ma davanti a un gruppo immobile qualunque movimento sembra una fuga in avanti. Vi racconto la rivoluzione gentile»

A poche ore dall’annuncio, pubblicato sui propri canali social, di una grande assemblea pubblica in cui sarà presentata la “Rivoluzione gentile”, Renato Soru è intervenuto ai microfoni di Radio X per fare il punto sulla situazione politica del centrosinistra in Sardegna e raccontare le motivazioni che hanno portato l’ex presidente della Regione a tornare in campo per le elezioni del 2024. Con lui gli indipendentisti di Liberu e +Europa, che nella giornata di ieri hanno disertato la riunione del cosiddetto “Campo largo”, e i Progressisti, che come preannunciato da Massimo Zedda e Francesco Agus non hanno digerito l’imposizione romana della candidatura della deputata pentastellata Alessandra Todde.

L’intervista

Domani c’è un appuntamento importante convocato qui a due passi da Radio X, per presentare a Cagliari la rivoluzione gentile. Allora partiamo da qua.

Domani (sabato 11 novembre, ore 17, al Teatro Doglio) racconteremo quello che ormai da diversi mesi vado proponendo in tante città e paesi della Sardegna. Qual è il senso di una rivoluzione gentile? Penso che la Sardegna abbia bisogno di un un cambiamento importante, di un cambiamento molto, molto netto e deciso. In questo senso penso che l’isola abbia bisogno proprio di una rivoluzione, una rivoluzione pacifica con l’impegno di tante, di tante persone, dell’intera comunità sarda: siamo a un bivio storico per la nostra regione, in un mondo che è cambiato e che sta cambiando profondamente dove i valori del passato sono sostituiti da valori e da pensieri totalmente nuovi. La Sardegna è così bloccata, zitta, senza un dibattito pubblico, spenta, direi quasi rassegnata. Non sto a fare l’elenco dei problemi della sanità, della scuola, dei trasporti: tutto è bloccato e in declino, lontano dalle aspettative dei dei cittadini delle cittadine, lontanissimo dal pensiero dei giovani, degli studenti che infatti sembrano quasi spariti dal dal dibattito politico.

I giovani, i grandi assenti dal dibattito pubblico

E questo è un tema che affronteremo perché i giovani sono la grande incognita anche di questa competizione elettorale, cioè chi riuscirà a coinvolgere, a coinvolgerli e a convincerli. Soprattutto perché non basta portarli magari a qualche incontro. Si tratta di convincerli di coinvolgerli attivamente nell’attività politica.

Sicuramente c’è bisogno di una proposta forte. C’è bisogno di segnalare alla società sarda qual è il senso di questo momento. Uno dei miti fondanti della della politica sarda è il cosiddetto piano di rinascita. È iniziato nel 1962 sulla base del nostro statuto regionale: un accordo, quasi una specie di restituzione storica da parte dello Stato italiano alla Sardegna, per far rinascere questa regione che era poverissima e in uno stato di miseria. La Sardegna a fine anni cinquanta era ancora nel Medioevo. Basta vedere alcune fotografie di quegli anni là per rendercene conto: non c’era acqua. Non c’era la fogna. Non c’era scuola. Non c’erano strade nei nostri paesi. Non c’era l’elettricità, non c’era nulla.

Questa era la Sardegna. Per questo un grande piano di rinascita per far uscire la Sardegna dalla miseria e venne finanziato con una cifra importantissima. Per l’epoca erano quattrocento miliardi di lire, con cui la Sardegna ha fatto un grande passo in avanti. Certamente siamo usciti da quel tempo e oggi viviamo una condizione diversa, ma sembriamo fermi, rassegnati a una condizione di ritardo economico, di ritardo di sviluppo che sembra un destino a cui non ci vogliamo o non sappiamo ribellarci. A quel tempo l’intera società sarda, la cultura, la politica, i giovani, le organizzazioni sindacali, tutti erano impegnati nell’immaginare e costruire.

Serve un nuovo piano di rinascita che coinvolga tutta la Sardegna?

Oggi il dibattito è spento. Oggi non parla nessuno. I partiti sono impegnati a parlare di primarie, degli accordi, e diciamo… alchimie di palazzo. Un tempo era la fame e la miseria che muoveva le persone, probabilmente perché c’era una necessità, ma c’era soprattutto anche la capacità di non guardarsi solamente la punta dei piedi, una capacità di avere non solo un pensiero per se stessi, un’ambizione personale: c’era la volontà di guardare lontano, di disegnare un futuro e di pensarsi come una comunità che cresceva. […] Oggi, tra risorse europee, risorse del Fondo di sviluppo e coesione, risorse straordinarie del Pnrr, le risorse straordinarie per il Sulcis e della transizione energetica, la Sardegna ha a disposizione non nei prossimi dodici anni ma nei prossimi quattro anni, un ammontare di risorse che è pari a tre volte il piano di rinascita. E che cosa c’è dietro queste cifre enormi del tutto straordinarie? C’è l’incomprensione da parte della politica: non c’è un dibattito e c’è una macchina regionale oziosa che ha lasciato nelle casse regionali quasi tre miliardi di euro. Non siamo capaci nemmeno di spendere le cifre ordinarie che abbiamo già in casa. La sanità non va, i trasporti non vanno, non ci si occupa della scuola. Le infrastrutture sono ferme, ma nella cassa della regione ci sono quasi tre miliardi. E da spendere nei prossimi quattro anni arriveranno otto miliardi e trecento milioni di euro. Come dicevo, tre piani di rinascita: e dov’è il dibattito pubblico? Dove sono le idee? Soprattutto dove sono le idee, le proposte? Perché le idee vengono appunto se se ci si incontra, se si parla, si dibatte.

La Sardegna sembra spenta, sembra spenta e ha davanti a sé un’occasione storica che è fatta di risorse ma anche di cambiamenti epocali. Oggi lo Stato siamo noi, oggi decidiamo, noi dobbiamo decidere e non ci sarà nessun altro che farà un piano per noi.

Qualità ambientale, transizione verde ed energetica: nuovi valori che sembrano pensati appositamente per la Sardegna ma che vanno governati

Mentre all’epoca era la grande industria, la grande impresa e grandi capitali, cioè trasformazioni che noi non potevamo governare perché non era nelle nostre corde, non era nelle nostre capacità, i valori di oggi sono la qualità ambientale, la transizione verde, la transizione energetica, un regalo che ci è stato fatto dalle tecnologie. Oggi si può produrre energia non più andando a prendere nei paesi arabi. Si può produrre energia dal nostro Sole, dal nostro vento e dalla nostra acqua.

E questo è un processo che va governato perché stiamo tutti a lamentarci dell’invasione di una nuova servitù in Sardegna di oltre cinquanta gigawatt di potenza: una cosa abnorme che quasi la Sardegna rischia di affondare sul peso delle pale eoliche. Però intanto non abbiamo fatto un sistema di regole per gestire questa questa richiesta, questa enorme richiesta. Non abbiamo fatto un sistema di regole e ancora le potremo fare, ma stiamo balbettando rispetto a questo argomento: oggi i temi sono la qualità ambientale, il il riuso, la gestione integrata delle delle risorse dei rifiuti, la transizione energetica, e l’Europa è da anni che ci dice che l’economia di oggi, non del futuro, è basata sulla conoscenza.

Un’economia del sapere, ma intanto la scuola affonda

Il futuro ci chiede di costruire un nuovo sapere e noi in tutto questo non abbiamo una legge sulla scuola e assistiamo passivi all’abbandono scolastico, oppure a ragazzi che ottengono a malapena il diploma: il mondo sta costruendo un’economia della conoscenza. Il lavoro non nasce più dalle imprese enormi che arrivano qui, ma nasce da imprese piccole che devono e che possono nascere qui dalle intelligenze alimentate dall’istruzione; e noi stiamo balbettando su tutto questo.

La rivoluzione è prendere in mano questi temi, iniziare a lavorarci sopra e cambiare, diciamo un po’ l’inerzia della situazione?

La rivoluzione intanto si fa. Chiamando a partecipare tutti quanti. tutti si devono sentire parte, tutti si devono sentire impegnati, tutti devono mettere da parte la rassegnazione e devono chiedersi che cosa possono portare a questo cambiamento per la Sardegna. Non c’è da cambiare un governo di centrodestra con uno di centrosinistra. Quello di centrosinistra è necessariamente più bello o più interessante? È più interessante se ha delle cose più interessanti da dire. È più interessante se ha un progetto diverso da dire, se ha una visione, se sa cosa fare e come farlo immediatamente per risolvere le emergenze e per costruire il futuro.

Ci sono tanti motivi urgenti, drammatici che l’hanno portata a riscendere in campo. Però l’accusa che le fanno è di averlo fatto in un modo che ha diviso il campo del centrosinistra. Vogliamo spiegare un po’ in realtà, dal suo punto di vista, come si sono svolte le cose?

Le cose si sono svolte in una maniera molto semplice. Io ho fatto una proposta di governo.

Ho proposto un progetto chiaro, un’analisi attenta della situazione della Regione sarda, perché in questi anni non ho smesso di pensare alla Sardegna, alle sue urgenze e alle sue difficoltà.

E sono andato a proporlo in giro per le piazze, e ho parlato di questo. E mi sono anche proposto a governare questo passaggio, ma non necessariamente. Io ho semplicemente proposto una discussione. Ho detto: “Questi sono i temi. Queste sono le emergenze. Queste sono le cose che possiamo fare. Queste sono le risorse finanziarie, le opportunità.” Discutiamo insieme di chi può essere il candidato migliore, ma discutiamolo apertamente davanti agli elettori e le elettrici della Sardegna. Mi accusano di essere partito in fuga, diciamo come un ciclista solitario e di non aver partecipato al tavolo insieme agli altri.

Io al tavolo non sono stato invitato. Ecco, io non sono stato invitato e non mi interessano i tavoli. Mi interessa il dibattito pubblico e non sono partito in fuga ma ho semplicemente fatto delle cose. Se un gruppo di persone è immobile, se un gruppo di persone è piantato per terra come un sasso o come un albero, qualunque movimento sembra una fuga in avanti. Ci sarebbe bisogno di molte altre persone che vanno in giro, di molte altre persone che vanno a spiegare. Io ho fatto la mia parte e ho e ho chiesto solamente un dibattito pubblico su questi argomenti. Qualcuno invece ha preferito fare dei giochetti, fare un finto balletto.

Ma io non ho spaccato nulla. Continuo a parlare all’opinione pubblica sarda. Continuo a parlare agli elettori, agli elettrici del centrosinistra. Continuo a parlare a quelli che non sono andati a votare e che hanno intenzione di non andare a votare.

Il confronto resta quindi aperto a tutte le forze del centrosinistra?

Io continuo a parlare anche al PD: apritevi al confronto, se vi aprirete al confronto e siete pronti ad accettare anche il punto di vista diverso da quello di un tavolino di sigle che che nessuno conosceva fino a qualche mese fa. Se si aprono a un confronto con loro, a una opinione pubblica vera, ai cittadini veri in carne e ossa, in giro per la Sardegna, io sono sempre a disposizione. Ma non accetterò mai un’imposizione romana.

Questa divisione del campo la preoccupa?

No, mi disorienta. Mi disarma. Ma mi dispiace e mi preoccupa molto meno di come mi preoccupano i problemi della Sardegna. Certamente io credo e continuo a dire a gran voce che la Sardegna non merita le interferenze di un pezzo del centrosinistra romano. Non merita delle decisioni romane o delle imposizioni romane su chi debba guidare la Sardegna in questo momento. Abbiamo dei problemi storici, abbiamo un’opportunità storica, abbiamo risorse, abbiamo passioni, capacità e intelligenza.

In Sardegna non possiamo accettare nessuna interferenza basata su convenienze romane. Le respingo totalmente e sollecito i dirigenti, le organizzazioni, i movimenti, sollecito chiunque a non accettare. Questo non è possibile.

Quindi come valuta la candidatura della Todde che ieri è stata ufficialmente investita dal Campo largo?

Intanto se fossi un giornalista smetterei di usare la parola “Campo largo” perché non esiste. Esiste un pezzo del Pd, e un pezzo dei Cinque Stelle, perché comunque c’è conflitto anche dentro i Cinque Stelle: una cosa è fare gli accordi in laboratorio e una cosa è poi muovere gli elettorati, che sono due elettorati distinti. Quello lì non è un campo largo, è un campetto imposto dalle decisioni romane su utilità romane sulla base di progetti romani che non ci riguardano e soprattutto non riguardano la Sardegna.

È un campo che perde pezzi in continuazione e che non si rende conto di quanta parte della società sarda ha perso anche in questi mesi. Quindi lasciamo fuori il campo largo. Io sono insieme a tanti altri e insieme a tante persone. Domani a Cagliari ci incontreremo in una maniera certo più ampia, più vasta, più visibile di come abbiamo fatto finora per segnalare questa urgenza ai sardi.

Che messaggio vuole lanciare ai cittadini della Sardegna?

Cari sardi, c’è bisogno di tutti quanti, c’è bisogno delle vostre energie, delle vostre passioni: sincere, generose, distaccate da utilità personali. C’è bisogno di un grande dibattito pubblico e c’è bisogno di un grande progetto, perché il mondo di oggi è lì che ci aspetta e ci aspettano una quantità ingente di risorse che non siamo minimamente capaci di programmare e di spendere.

E questo è il senso di una rivoluzione gentile. C’è bisogno di una partecipazione popolare, non di focalizzarci su tavoli che non rappresentano la società sarda in questo momento. Anche perché poi non si cambierà con le sigle. Si cambierà con l’animazione di tutti quanti quelli che hanno a cuore la Sardegna.

Anche perché poi a votare ci andranno le persone: loro pensano che i cittadini abbiano ancora oggi il le fette di salame negli occhi, che si fanno incantare da sigle inventate dell’ultimo momento.

Ma c’è il tempo per fare una bella campagna elettorale? Le elezioni saranno i primi di marzo, se tutto va bene.

C’è tempo per continuare ad andare avanti. C’è tempo per chiarire le proposte, c’è tempo anche per i ripensamenti. La proposta per la Sardegna, l’unica in campo in questo momento è la nostra, e domani lo specificheremo a Cagliari: è una proposta aperta, non chiusa, e chiamiamo tutti a al confronto.

Chiamiamo tutti uomini e donne e questo lo dico per chi, non avendo altri argomenti, dice “ma noi abbiamo una candidata donna e quindi voi vuol dire che state avete dei pregiudizi contro le donne.” Voglio ricordare che quando ho avuto delle responsabilità abbiamo fatto in Sardegna la prima giunta italiana paritaria: abbiamo avuto più direttori generali donne che uomini nell’amministrazione regionale. Un numero di donne come non mai, mai prima e mai dopo. E allora invito tutti a guardare alla realtà delle cose. Invito a un po’ di riflessione e ad aprirsi al confronto, di non averne paura, altrimenti il loro destino è già segnato.

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