
«Nel cinema mi sento più libera di sperimentare, di sbagliare. Nella fotografia sono molto più severa con me stessa». È con questa consapevolezza che Giulia Camba, fotografa e regista cagliaritana, ha deciso di attraversare il confine tra immagine fissa e immagine in movimento, firmando Oplà, il suo primo cortometraggio di finzione. Un lavoro delicato e personale, già selezionato in concorso in alcuni tra i più importanti festival d’Europa nel panorama del cortometraggio. Ospite ai microfoni di “Un caffè a Radio X”, intervistata da Martina Benoni, Giulia ha raccontato il percorso che l’ha condotta fino a questo esordio: «Io vengo dalla fotografia, ho iniziato con le immagini fisse e poi, in maniera quasi naturale, mi sono approcciata al suono e al movimento. Prima con lavori sperimentali, poi con documentari creativi, fino ad arrivare a questa mia prima fiction».
Un passaggio che affonda le radici in una storia familiare densa di suggestioni: «Mio nonno, pur facendo un lavoro molto diverso, era un artista mancato. Amava il teatro, la pittura, la scultura… e anche la fotografia. Ho ancora le sue pellicole e le sto raccogliendo per digitalizzarle. Anche mia madre fotografava. Io ho chiesto la mia prima macchina fotografica per la prima comunione».
Tornata in Sardegna dopo diversi anni all’estero, Giulia ha raccontato di aver trovato un ambiente vivace e fertile: «Sono rientrata in un momento particolare, non sapevo bene da dove ricominciare. Ma poi ho conosciuto l’associazione Moviementu e partecipato alle loro assemblee: è stato lì che ho iniziato a fare rete. Tutte le persone con cui ho lavorato le ho incontrate in quel contesto». Da questa trama di relazioni e incontri è nato anche Oplà, prodotto da Ginko Film con Andrea Mura e Chiara Andrich: «È un film che lavora sulla memoria, fin dal mio primo corto mi sono sempre interessata a questo tema. Ho dei buchi nella mia storia personale e mi incuriosisce il modo in cui il cervello cerca di riempirli con un’immaginazione credibile».
All’interno del corto, una bambina che osserva il mondo con occhi curiosi e uno sguardo profondo, interpretata dalla giovanissima Ariele Maria Arosio: «Era il suo primo provino, la più timida di tutte. Ma quando l’ho vista passare tra le altre ho pensato: è lei. Aveva qualcosa che mi ha ricordato subito mia madre da piccola. La direttrice del casting ha detto che era un rischio, ma l’ho voluto prendere. E sono felice di averlo fatto». Il film è una sinfonia di dettagli e sensazioni: «Io penso per immagini. Vengo dalla fotografia, ed è da lì che parte tutto. Mi immagino le cose, sento il bisogno di vederle prima ancora di raccontarle». E si percepisce: i piedi dei bambini nella sabbia, le bollicine dell’acqua, gli oggetti osservati con piccoli binocoli diventano elementi centrali di un mondo fatto di sensazioni più che di parole. Merito anche della collaborazione con Francesco Piras, direttore della fotografia: «Con Francesco si è creata subito una grande sinergia. Non potevo chiedere di meglio».
Dopo la première parigina al festival “L’Europe autour de l’Europe” e la recente partecipazione al Figari Film Fest in Sardegna, Oplà è pronto a volare in Bulgaria per partecipare a IN THE PALACE, uno dei festival europei qualificanti per gli Oscar: «Siamo molto felici. Poi ci sarà Andaras, di nuovo in Sardegna, e vedremo strada facendo cosa succederà. Intanto siamo contenti di condividere questo percorso con le persone che ci hanno creduto fin dall’inizio».
ASCOLTA L’INTERVISTA
Podcast: Download
Scopri di più da RADIO X
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.