In diretta dal Babel Film Festival :: Un caffè a Radio X con Enrico Pau: “Il cinema delle lingue minoritarie ha un’energia militante”

Enrico Pau, regista cagliaritano e presidente di giuria del Babel Film Festival in corso in questi giorni all’EXMA di Cagliari, è stato ospite ai nostri microfoni per raccontare l’anima della rassegna internazionale dedicata ai film in lingue minoritarie: “Qui incroci persone che fanno cinema in giro per il mondo e che attraverso la lingua cercano qualcosa, un significato più profondo, un dialogo tra corpi, paesaggi e parole”.

Tra i premi, che saranno assegnati nella serata di venerdì, spicca il Premio Maestrale, «il più importante anche dal punto di vista economico, che riconosce la qualità del lavoro del regista e della produzione, con un’attenzione particolare al valore complessivo dell’opera, alla sua capacità di raccontare attraverso la lingua.»

Ed è proprio sulla lingua che si concentra buona parte della riflessione di Pau, che anche nei suoi film, ha dato un ruolo da protagonista al sardo: «All’inizio della mia carriera giravo film quasi esclusivamente in italiano, ma non ero ancora pronto, forse spiritualmente, ad affrontare un passaggio linguistico più profondo». Una svolta arrivata con lavori recenti come “L’ombra del fuoco”, documentario dedicato al tema degli incendi e al rapporto tra uomo e natura. «Il sardo ha dato un tono quasi metafisico ai testi, ha accentuato quella riflessione sacra che cercavo. È quasi una colonna sonora in più, una lingua sonora e musicale straordinaria». Un linguaggio che diventa anche strumento di sperimentazione: «Ho scoperto che si può usare per un cinema più rischioso, più libero. E me ne scuso con chi lo fa da sempre, come Mereu o Columbu: io sono un arrivato dell’ultima ora».

Durante il festival, Pau ha presentato anche un corto commissionato dall’Istituto Superiore Regionale Etnografico, dedicato a Grazia Deledda antropologa. Un lavoro nato dai testi scritti dalla scrittrice nuorese, affidati questa volta alla voce di una classe di bambini di terza elementare: «È stato un piccolo miracolo. Questi bambini, quasi tutti non sardofoni, si sono riappropriati di una lingua che è un ponte tra presente e passato. E il pubblico ha risposto con grande emozione». Una riscoperta che può trasformarsi in gioco, come racconta lo stesso regista: «I bambini adorano l’idea di avere una lingua segreta, un codice tutto loro. È un modo per ritrovare un’identità, per sentire che esiste un’eredità viva, che si può far propria anche con leggerezza».

info e programma / babelfilmfestival.com

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