Tra identità e contraddizioni dell’alimentazione in Sardegna: un caffè a Radio X con Alessandra Guigoni

Arrivata in Sardegna da Genova, ha studiato con Giulio Angioni all’Università di Cagliari, e proprio in quel contesto ha deciso di imboccare una strada allora poco battuta: «Ho conosciuto un’antropologa americana che mi disse “sono una antropologist of food” e ho pensato: anch’io voglio diventare un’antropologa del cibo. Angioni mi disse: va bene, ma non ti dimenticare Gramsci, non ti dimenticare Alberto Mario Cirese».

Alessandra Guigoni, antropologa culturale specializzata in culture alimentari e turismo enogastronomico, è l’ospite di questa puntata di Un Caffè a Radio X: intervistata da Giuseppe Murru ci ha ha raccontato la sua storia, il suo approccio all’antropologia del cibo e le trasformazioni in atto nel panorama enogastronomico sardo: «Mangiare è un atto politico. Dietro ogni piatto ci sono delle scelte. Le monocolture, l’inquinamento, l’insostenibilità: dobbiamo imparare a nutrirci in modo consapevole. Non possiamo più ignorare le conseguenze delle nostre abitudini alimentari». E parlando di Sardegna, precisa: «Qui il cibo è molto più di un semplice nutrimento: è un elemento fondamentale dell’identità culturale. Ma attenzione: spesso questa identità è costruita su stereotipi o narrazioni semplificate».

Un esempio? «La bottarga di muggine: la consideriamo un prodotto simbolo della Sardegna, ma il 95% delle baffe arriva da paesi extracomunitari. Viene lavorata qui, certo, ma è un paradosso tipico dei foodscape contemporanei». Adesso si parla tantissimo di grani antichi: «Forse sarebbe più corretto chiamarli grani storici o locali. In ogni caso, la tradizione non è mai immutabile: è un’innovazione ben riuscita. Non tutto quello che chiamiamo tradizione è necessariamente buono, e non tutto ciò che è nuovo è da scartare».

Nel racconto del cibo, il focus resta sugli individui: «Le protagoniste sono le persone. Il cibo è una scusa per raccontare chi sono, da dove vengono e dove stanno andando. È legato ai gesti, ai valori, ai tic e alle ideologie». E in Sardegna, questo racconto ha ancora molto da offrire: «Siamo all’undicesimo posto in Italia per turismo enogastronomico legato ai prodotti certificati, davanti anche alla Liguria, la mia regione d’origine. Ma possiamo fare di più». A preoccupare, però, è l’omologazione dell’offerta turistica: «Cagliari è diventata una destinazione turistica ed enogastronomica, ma non nel modo in cui molti di noi speravano. Oggi è difficile trovare piatti tipici come burrida, mazzamurru o altri piatti, che ancora si fanno in famiglia, nei ristoranti della città. La ristorazione si è standardizzata o è diventata troppo pretenziosa. E sono scomparse le trattorie autentiche, dove mangi bene a un prezzo giusto».

La soluzione? Non è respingere il turismo, ma ripensarlo: «Non dobbiamo solo dare quello che pensano di volere, ma anche guidarli a scoprire cosa potrebbero apprezzare davvero. Aiutarli a trasformare una vacanza qualunque in un’esperienza di scoperta culturale».

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