
«La parte più bella della mia giornata è andare al mercato, decidere il menù in base a quello che trovo, incontrare gli amici di sempre, fermarmi a prendere un caffè». Laura Sechi è l’ospite di Giuseppe Murru in questa puntata di Un caffè a Radio X: anima del ristorante “Vitanova”, ai nostri microfoni ha raccontato il suo progetto che affonda le radici nella sua storia personale. Nata a Oristano, cresciuta in una famiglia dove il culto del cibo era centrale, Laura ha iniziato fin da piccola ad appassionarsi ai gesti e ai profumi della cucina di casa: «Mio padre, velista incallito, mi portava a pescare e mi ha insegnato a riconoscere e a sfilettare i pesci; ma anche a lavorare la carne. Mi ripeteva sempre che un coltello ben affilato è meno pericoloso di un coltello che taglia male, ed è così. Zia Maria, da Nuoro, mi insegnava a impastare la pasta violada per le seadas. Diceva: “Quando senti le bollicine scoppiare sotto le mani, vuol dire che è pronta”. E io lo faccio ancora così». Il suo locale è nato da una visione ben precisa legata a stagionalità, artigianalità e, soprattutto, una squadra quasi tutta al femminile: «Volevo creare un ristorante gestito da donne, in un settore ancora molto maschile, ma non per fare una battaglia, piuttosto per offrire un’opportunità, in un mondo dove la vita sacrificata e gli orari complicati spesso penalizzano le donne. Non esistono menù fissi, perché cuciniamo solo ciò che offre la stagione, e ogni piatto è fatto a mano: Pasta, dolci, tutto quanto. Per noi l’artigianalità è un valore».
Cagliari, nel frattempo, cambia, accoglie sempre più turisti, e la domanda sorge spontanea: come si concilia la cucina identitaria con un pubblico internazionale? «Bisogna sapere a chi ci si rivolge. Noi puntiamo su chi cerca autenticità. I turisti che ci scelgono lo fanno perché ci hanno cercati. Una volta uno mi ha chiesto: “Fate pesce-pesce?” e io gli ho risposto: “In che senso?”».
Tra i progetti per il futuro, c’è spazio anche per i temi sociali: «Grazie al sostegno della Fondazione di Sardegna abbiamo avviato “Le mani in pasta”, un laboratorio di cucina all’interno della sezione femminile del carcere di Uta. Insegniamo a cinque detenute a preparare pasta fresca e dolci. È una goccia nel mare, ma ci proviamo con l’idea di offrire loro un’opportunità anche fuori.».
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