Un anti-accademico nel mondo accademico – Intervista con Kuno Prey, maestro del design tra visione e pratica

Una visione critica del sistema accademico tradizionale, ritenuto troppo rigido e nozionistico, e la convinzione che l’educazione debba stimolare la creatività e l’autonomia degli studenti, permettendo loro di sviluppare una personalità propria e un metodo di lavoro basato sulla pratica e sull’esperienza diretta: ai microfoni di Radio X con Sergio Benoni abbiamo fatto quattro chiacchiere con Kuno Prey, figura di spicco del panorama internazionale che ha lasciato un segno indelebile nel campo dell’insegnamento e del design: originario delle splendide montagne di San Candido e in questi giorni a Cagliari, ospite degli spazi del coworking creativo Cultina per presentare il libro che ripercorre la sua vita e i suoi numerosi progetti, ci ha raccontato la sua storia: «In Germania c’è una legge che equipara il lavoro professionale a quello accademico: se sei un buon professionista, vieni considerato come se fossi un buon laureato. E ciò vale ancora di più nel mondo della progettazione. Come fai a insegnare progettazione se non hai ma i progettato? Loro quindi cercano professionisti e ne attirano tantissimi: non c’è la gavetta accademica come qui da noi in Italia.»

Insegnante in istituzioni prestigiose come la Bauhaus-Universität Weimar e la Libera Università di Bolzano, di cui è stato fondatore della facoltà di Design e Arti, Kuno Prey è noto per essere uno dei professori meno convenzionali nel panorama accademico: la sua avversione per le rigidità dell’accademia tradizionale lo ha reso unico. Nel corso della nostra intervista, ci ha raccontato come sia approdato a Weimar nel 1993 per fondare, insieme ad altri colleghi, quella che sarebbe diventata una delle principali scuole di design del mondo, per poi accettare, nel 2002, l’invito a fondare la facoltà di Design e Arti presso la Libera Università di Bolzano: un’istituzione che si distingue per il suo approccio pratico e orientato al progetto, che oggi è diventata un magnete per studenti di tutta Italia e d’Europa, attratti dalla possibilità di mettere in pratica immediatamente ciò che progettano, in contrasto con l’approccio più teorico di altre università: «Il design non si impara sui libri, non è una materia scientifica; ha della scienza, ha della storia, ovviamente, delle teorie che vanno studiate e approfondite, ma è una materia che viene esercitata. È una professione che si esercita. Prima si inizia a progettare, a mettere mano, a trovare soluzioni nuove, soluzioni alternative, più intelligenti o sostenibili, prima si imparano anche a lavorare i materiali, a conoscerli, prima si impara. Quello che a me interessa molto è il processo: quando uno ha capito il processo della di un certo tipo di legno che può essere il compensato, poi fa presto a declinarlo su altri materiali, e questo vale tanto per questa professione che viene alimentata dalla curiosità. Bisogna essere in continuazione, curiosi di guardare, toccare, smontare, sperando poi di sapere anche poi rimontare le cose: di solito, se sono fatte bene, si riesce. Capire il mondo attorno a noi per reagire con proposte più intelligenti, più giuste…»

ASCOLTA L’INTERVISTA COMPLETA