
“Ci spacciano il turismo come la panacea per tutti i mali, soprattutto in regioni economicamente fragili come la Sardegna. Ma è davvero così?” Cristina Nadotti, giornalista spezzina ma sarda d’adozione, è l’autrice di “Il turismo che non paga“, un libro-inchiesta pubblicato da Edizioni Ambiente, che affronta con decisione il lato oscuro del turismo di massa. Ospite a “Un caffè a Radio X”, ha discusso con Giuseppe Murru di overtourism, consumo del territorio, precarietà lavorativa e silenzi istituzionali.
“Si incolpano i turisti e si usa questo termine, overtourism, che è molto efficace ma dice tutto e niente. Quello che ho cercato di fare è capire cosa si nasconde dietro questa parola: ogni capitolo del mio libro analizza un aspetto diverso della vita economica, sociale, culturale e ambientale dei luoghi colpiti da un turismo non programmato. Il turismo, per come è gestito oggi, è un’industria estrattiva. Consuma. E il punto non è se fare o non fare turismo, ma come farlo. Non così.”
I numeri da record delle presenze turistiche in Sardegna, infatti, non si traducono in benessere per la popolazione locale: “Dietro titoli come ‘turismo, un’isola da record con 19 milioni di presenze’, si nasconde un paradosso: le città si svuotano, le culle sono sempre più vuote e tra 35 anni i sardi saranno solo un milione. Questo mentre, ad Alghero, dove si registra una crescita costante del turismo, cresce anche la disoccupazione. C’è un problema evidente.”
Nel libro vengono messi in luce fenomeni come il lavoro grigio – contratti non rispettati, stipendi bassi, condizioni inaccettabili – e le conseguenze della turistificazione. “Chi lavora stagionalmente in località come la Costa Smeralda o Alghero spesso non può permettersi di viverci. L’emergenza abitativa è solo un lato della medaglia: i prezzi nei supermercati di Alghero sono alle stelle, il costo della vita si adegua al turismo, ma i salari no.”
Il problema, secondo quanto emerge dell’inchiesta, non è soltanto economico o urbanistico, ma anche culturale e politico: “Quando si parla di turismo, parlano gli imprenditori, parlano i politici – spesso male informati – ma non si ascoltano le comunità ospitanti. A chi non lavora nel turismo, cosa arriva? Eppure gli studiosi parlano di overtourism da decenni, dal 1983. Ma come per il cambiamento climatico, abbiamo fatto finta di nulla.” Tema caldo anche quello della gestione della tassa di soggiorno: “Era nata per reinvestire in ambiente e servizi. Ma in molti comuni viene usata per finanziare altra promozione turistica. Sono scelte legittime, ma dovrebbero essere programmate, orientate a uno sviluppo sostenibile e non autoreferenziale.”
E per il futuro delle città? Nadotti invita a una presa di coscienza collettiva: “Non ho una ricetta. Ma esistono alternative: bisognerebbe parlare di ‘turismi’, al plurale, e accettare che c’è un limite. Non si può continuare a consumare all’infinito. E soprattutto: ascoltare chi vive i territori, chi li abita tutto l’anno, e non solo chi li sfrutta per tre mesi”
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