La cosiddetta “evidence-based medicine”, ovvero la medicina basata su prove scientifiche rigorose, resta la base del moderno metodo di cura dei pazienti, ma serve qualcosa di più per arrivare a una maggiore personalizzazione della cura.
La “narrative-based medicine” detta medicina narrativa nasce negli anni 70 dall’esigenza di recuperare una dimensione relazionale più intensa col paziente. È la medicina basata sulla narrazione o medicina narrativa, che permette di esplorare l’esperienza individuale attraverso il racconto sia dei medici sia dei pazienti. L’ospite di questa puntata di Oltre le barriere è Massimiliano Zonza, cagliaritano laureato in filosofia con Master in Medical Humanities e Dottorato di Ricerca in Medicina e Scienze Umane. Massimiliano, che attualmente svolge la funzione di formatore in campo sanitario e di Giudice Onorario Minorile, dopo una serie di esperienze come operatore sociale con le tossicodipendenze, la marginalità sociale e la salute mentale si è a lungo occupato di Medical Humanities e ha collaborato con la Neonatologia della Azienda Ospedaliera Universitaria di Cagliari.
Con lui abbiamo parlato del potere della “medicina narrativa”: «Se potessimo far incontrare un medico dei primi anni del Novecento e un medico del primo secolo dopo Cristo con qualche sforzo sarebbero in grado di condividere gli assetti di base della propria scienza; nel caso ipotetico in cui lo stesso medico dei primi anni del Novecento potesse assistere per esempio all’interno di un reparto di terapia intensiva neonatale non riuscirebbe a comprendere come e cosa i medici della nostra epoca riescono a fare. La sua scienza diventa incomparabile dal punto di vista paradigmatico con quello che noi stiamo facendo, è un progresso tecnologico straordinario che ha portato a degli sviluppi meravigliosi ma ciò che si è perso è stato soprattutto la relazione col paziente con conseguenti effetti talvolta dirompenti. La medicina narrativa si sviluppa quindi come tentativo di recuperare attraverso la medicina basata sul dialogo con i pazienti un gesto di cura autentico.»
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